A lungo durerà il mio viaggio – Rabindranath Tagore

Rabindranath Tagore, famoso poeta indiano, contemporaneo di Gandhi, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1913, con questo componimento intende mostrarci come ognuno di noi abbia la propria mèta da raggiungere, seppur tra mille difficoltà.

La mèta di cui parla Tagore non è da intendersi unicamente come un luogo fisico, bensì come il punto d’arrivo dell’esistenza umana, della realizzazione personale, la fine dei turbamenti dell’animo. Questo luogo, assieme fisico e spirituale, appare sempre troppo lontano ed estremamente impervio per le capacità umane, tanto da portare l’uomo a chiedersi di continuo “Dove sono?”. Quel senso di spaesamento che è possibile attenuare solo dopo aver trovato un punto fermo, quello dentro ognuno di noi, ovvero sé stessi. Tale ricerca passa necessariamente attraverso strade, seppur già percorse, ancora per certi aspetti inesplorate, che mettono in contatto con altre genti, ovvero “le altre porte a cui bussare”.

Il cammino da affrontare è con noi stessi, in parte solitario, ma in realtà si intreccia con tante altre vite che, inevitabilmente, faranno parte l’una dell’altra.


A LUNGO DURERA’ IL MIO VIAGGIO
Rabindranath Tagore

A lungo durerà il mio viaggio
e lunga è la via da percorrere.
Uscii sul mio carro ai primi albori
del giorno, e proseguii il mio viaggio
attraverso i deserti del mondo
lasciai la mia traccia
su molte stelle e pianeti.

Sono le vie più remote
che portano più vicino a te stesso;
è con lo studio più arduo che si ottiene
la semplicità d’una melodia.

Il viandante deve bussare
a molte porte straniere
per arrivare alla sua,
e bisogna viaggiare
per tutti i mondi esteriori
per giungere infine al sacrario
più segreto all’interno del cuore.

I miei occhi vagarono lontano
prima che li chiudessi dicendo:
“Eccoti!”.
Il grido e la domanda: “Dove?”
si sciolgono nelle lacrime
di mille fiumi e inondano il mondo
con la certezza: “Io sono!”.