Gravina in Puglia è un comune della provincia di Bari, distante solo 15 minuti d’auto da Altamura, ben nota per il suo pane D.O.P. e 30 minuti dalla celebre Matera, in Basilicata.
Gravina in Puglia, definita “giardino di delizie” dall’Imperatore Federico II di Svevia, che qui vi edificò uno dei suoi manieri di caccia, è una città la cui storia tocca diversi millenni.
Lo sviluppo del suo abitato e la vita dei suoi abitanti hanno sempre avuto uno stretto legame con la morfologia circostante, caratterizzata da un ambiente di natura carsica e dalla presenza della gola (canyon) che divide in due il territorio.
Questo profondo crepaccio è il risultato dell’azione erosiva del torrente Gravina, un affluente del Bradano, che, in tempi molto lunghi, ha scavato il proprio letto nella roccia calcarea delle Murge.
Difatti, qui ha sede il Parco Nazionale dell’Alta Murgia, istituito nel 2004. I suoi 68.000 ettari abbracciano ben 13 comuni, salvaguardando le diversità di un luogo unico, dalla varietà di flora e fauna, alle attrazioni storico-archeologiche (Castel del Monte, la cava dei dinosauri, insediamenti e luoghi di culto rupestri) e quelle di natura geologica (miniera di bauxite, doline carsiche e profonde gole).
La gola qui presente fu una risorsa importante per i primissimi insediamenti, in quanto, oltre alla presenza primaria dell’acqua, era una difesa naturale perfetta, facendo delle sue sponde un elemento estremamente strategico.
Cenni storici
Le testimonianze archeologiche attestano la presenza umana sin al Paleolitico, nelle caverne ai lati del burrone. I rinvenimenti sulla collina del Botromagno o Petra Magna testimoniano una prima colonizzazione da parte dei Peuceti, una delle tribù dell’antica Japigia, provenienti dall’odierna area attorno a Bari.
In seguito fu la volta dei greci, con i quali prese il nome di Sidion e poi dei romani, dove divenne una polis e successivamente elevata a municipium lungo il tracciato della Via Appia, con il nome di Silvium.
Con l’arrivo dei Vandali di Genserico, nel V secolo d.C., l’antica città romana venne distrutta e i superstiti si rifugiarono in un primo momento nelle grotte ai lati del burrone e poi nei due villaggi poco distanti, chiamati Pagus e Vicus. Col tempo queste frazioni si unirono e divennero i primi nuclei dell’agglomerato cittadino dell’odierna Gravina in Puglia con i nomi di Piaggio e Fondovico.
A seguito della caduta dell’Impero Romano d’Occidente, Gravina in Puglia passò sotto il dominio dei Longobardi e poi dei Normanni, a cui si deve la prima edificazione dell’odierna Cattedrale nel 1091.
Dedicata a Santa Maria Assunta, ricostruita ed ampliata alla fine del Quattrocento, si presenta divisa in tre navate con meravigliosi altari in marmi policromi settecenteschi ed un prezioso soffitto a cassettoni; inoltre, al di sotto della Cattedrale, è possibile visitare l’affascinante cripta funeraria (Soccorpo), un tempo utilizzata come luogo di sepoltura per prelati e uomini dell’aristocrazia cittadina.
È in questo periodo (1223-1231) che l’Imperatore Federico II di Svevia fece realizzare il suo maniero di caccia, che domina la città e buona parte delle Murge, di cui restano ancora integri i muri perimetrali ed ambienti sotterranei instabili. All’epoca la struttura era suddivisa in tre piani: al piano terra vi erano i magazzini, le stalle e le cucine, nell’ammezzato le camere della servitù ed al primo piano gli ambienti destinati agli alloggi imperiali.
La storia di Gravina prosegue con i moti rivoluzionari contro i soprusi in atto nel periodo borbonico e le rimostranze patriottiche, fino all’Unità d’Italia nel 1861.
Grazie ai lasciti testamentari del nobile gravinese Ettore Pomarici Santomasi, nel 1920 venne istituita la fondazione che porta il suo nome. Questa aveva ed ha il compito di conservare e rendere fruibile tutti i Beni (librari, archeologici e storico-artistici) presenti nel Palazzo di sua proprietà, così da crearne un polo culturale composto da museo, biblioteca e contesto per eventi cittadini.
Una importante e bellissima chicca è la fedele ricostruzione della Cripta di San Vito Vecchio. Purtroppo, a causa di copiose infiltrazioni d’acqua ed all’uso non pertinente di questo luogo sacro, nel 1956 si rese necessario staccare gli affreschi del XIII secolo dalla cripta originaria. Successivamente vennero restaurati e infine ricollocati in una delle sale del museo, per poter essere ammirati in un ambiente protetto.
Habitat rupestre
Al di sotto dell’abitato si sviluppa l’habitat rupestre, molto frequente sul territorio murgiano, tanto sul versante pugliese quanto su quello lucano. Si tratta di insediamenti ricavati nel banco tufaceo, parzialmente o totalmente scavati, di tipo ipogeo o semi-ipogeo, caratterizzati da ambienti più o meno grandi, intervallati da pilastri, con sedute e giacigli in pietra, nicchie, pozzi, cisterne, magazzini e stalle, collegati tra loro attraverso diversi gradini interni ed esterni.
Tra i tanti esempi qui presenti, quello più elaborato è il Complesso delle Sette Camere, sul versante occidentale della gravina. Si tratta di un capolavoro ingegneristico, in quanto presenta sette grandi ambienti, disposti su tre livelli affacciati sul burrone, raggiungibili attraverso impervi sentieri che si diramano nella natura selvaggia e regalano panorami vertiginosi.
Chiese rupestri
In questi veri e propri villaggi non potevano di cerco mancare i luoghi di culto, molti dei quali presentavano persino pregevoli pitture ed affreschi, spesso annessi ai cimiteri. Tra i più importanti vi è la Chiesa di San Michele delle Grotte, nel rione di Fondovico, interamente scavata nella roccia tra VIII e X secolo. La sua pianta quadrangolare è suddivisa in cinque navate da 14 pilastri, presenta tre altari con le statue in pietra sei-settecentesche dei tre Arcangeli e diverse tracce di affreschi, nonché una tomba medievale ad arcosolio (sormontata da un arco a tutto sesto).
Molto particolare è l’ossario conservato in una grotta adiacente. Si tratta di resti ossei che, secondo la tradizione locale, risalirebbero all’eccidio del 999 d.C., quando l’antica Gravina si ribellò al potere bizantino. La rivolta, guidata da Teofilatto, ebbe un tragico epilogo e la città passò dai bizantini. In realtà si tratterebbe di traslazioni avvenute tra il XVII e XVIII secolo, provenienti da diverse chiese e dall’antico cimitero comunale.
Ai piedi della collina del Botromagno, si trova la chiesa rupestre di Santa Maria della Stella, un luogo di culto che abbraccia diversi secoli, dall’età classica al XV secolo. Il suo nome deriverebbe da un affresco ormai perduto, della Vergine Maria con Bambino recante una stella d’argento; simbolo ricorrente sulla volta a botte posta all’ingresso e nell’araldica sull’apice della facciata. Sebbene la cristianità avesse ampiamente sostituito il paganesimo, i culti ancestrali continuarono ad avere molta influenza sulla popolazione locale.
Diverse testimonianze, infatti, come i bassorilievi di animali, il ritrovamento di brocche in una cisterna e l’ordine di chiusura imposto da Monsignor Cavalieri nel 1693, nonché diversi racconti folkloristici, dichiarano che tale luogo venisse utilizzato per svolgere riti pagani legati alla fertilità. Inoltre, diversi giacigli in pietra testimoniano la frequentazione di pellegrini provenienti da altre località limitrofe e non.
A ridosso del ponte-acquedotto si trova la chiesa rupestre di Santa Maria degli Angeli o del Sepolcreto (anticamente Santa Maria delle Tombe), per la presenza di numerose sepolture a fossa qui rinvenute. Anch’essa interamente scavata nella roccia, suddivisa in tre navate, al termine delle quali è posto il presbiterio ed al centro l’altare sopraelevato. La presenza dell’iconostasi (separazione tra navata e area sacra absidale), delle panche in pietra e di nicchie per le lucerne, testimoniano l’utilizzo del luogo per funzioni liturgiche greco-ortodosse.
Gravina sotterranea
La tradizione ipogea di Gravina ha creato nei secoli una seconda città sotterranea, fatta di ambienti ipogei, cunicoli, cantine, granai e magazzini. È con questo complesso tesoro nascosto che in città si è sviluppata la fitta rete di percorsi turistici alla scoperta della Gravina sotterranea. Tortuosi itinerari nel cuore dell’abitato che permettono di addentrarsi in un mondo da tempo dimenticato, che ora si mostra nel suo rinnovato splendore.
Enogastronomia
L’appellativo “giardino di delizie” non venne attribuito a caso, difatti l’economia gravinese da sempre si basa sulle ottime materie prime del territorio. Anche la frase latina “Grana Dat et Vina” presente sul gonfalone, testimonia come Gravina in Puglia sia una terra votata alla produzione cerealicola e vitivinicola.
Strettamente legata alla vocazione pastorizia ed all’economia casearia della città è la pratica della transumanza. Si tratta di azioni radicate nel tempo, in cui le greggi venivano guidate dalle vallate dell’Alta Murgia fino alle vette abruzzesi, seguendo l’alternarsi delle stagioni calde e fredde.
In questo contesto nacquero i cosiddetti “jazzi“, ovvero ampi spazi recintati, realizzati sui versanti scoscesi, in cui porre al sicuro i numerosi capi di bestiame. Il più grande giunto sino a noi prende il nome di “jazzo pantano“.
Inoltre, è tipico il celebre “pallone di Gravina“, un formaggio locale semi-stagionato dalla curiosa forma perfettamente tondeggiante, divenuto presidio SlowFood nel 2012.
Infine, un altro simbolo distintivo dell’artigianato gravinese, è il cosiddetto “cola cola“, ovvero un simpatico gioco in terracotta policroma, dalle fattezze di una gazza, prodotto dalla famiglia Loglisci ed utilizzato come fischietto dai più piccini.
- Per approfondire vi lasciamo questi video: