Pompei: gli affreschi senza tempo della Villa dei Misteri

Pompei è quel luogo dove il tempo si è fermato, dove la forza impetuosa della Natura ha bloccato per sempre la vita di circa 20.000 persone di una lussureggiante città della provincia nella Campania romana.

Pompei - Villa dei Misteri, @Pier Paolo Metelli
Pompei – Villa dei Misteri, foto di @Pier Paolo Metelli su http://pompeiisites.org/

Pompei è tra i più importanti siti del periodo imperiale ed anche la più tragica testimonianza di un’epoca florida, stroncata per sempre da un fenomeno naturale estremamente drammatico e distruttivo. Una potenza sconosciuta, creduta di origine divina, contro cui gli inermi abitanti non poterono far nulla, se non provare a fuggire, con ogni mezzo possibile, andando inesorabilmente incontro a morte certa.

Visitare la città di Pompei ci offre la possibilità di entrare in quella finestra temporale rimasta intatta da quel 24 ottobre del 79 d.C. (non più il 24 agosto, come si credeva fino a qualche anno fa) e di osservare la quotidianità della vita di una provincia romana. L’eruzione, seppur nella sua drammaticità, ha regalato ai posteri uno spaccato di estrema importanza sia a livello storico sia umano, permettendo di apprendere con maggior minuzia di particolari le abitudini dei suoi numerosi abitanti, che altrimenti sarebbero risultate difficili da comprendere.

Pompei_veduta
Veduta di Pompei, foto by campania.info

L’enorme mole di cenere e lapilli ha letteralmente protetto questo tesoro, preservandolo dal degrado dei secoli successivi. Tutto ciò fino al Settecento, quando l’archeologia compiva i suoi primi passi nella scoperta dell’antico, in particolar modo nel Mondo Classico, visto come modello di perfezione.

Il grande progetto finalizzato alla riscoperta ed alla conservazione dell’antica città di Pompei, permette ogni anno di riportare alla luce tanti piccoli tasselli della sua storia che si credevano perduti. La vasta area di circa 12 km² su cui insiste il sito archeologico, sorprende di volta in volta, svelando la ricchezza e l’importanza dei tesori che ancora si celano sotto la superficie di lapilli e cenere.

Pompei_foro
Pompei, foto by napolidavivere.it

Difatti, dopo secoli di abbandono, nel 1748, sotto il regno di Carlo III di Borbone, si diede il via ai primi tentativi di scavo archeologico, principalmente con l’intento di raccogliere diversi manufatti di epoca romana da poter esporre nei musei borbonici e nei palazzi di nobili collezionisti. Successivamente, durante il Principato dei Savoia, si iniziò ad attribuire la giusta importanza anche ad altri particolari fondamentali, quali: gli affreschi in primis, gli oggetti di uso comune, le abitazioni, le diverse attività commerciali, le derrate alimentari e persino i resti ossei

Pompei - Calchi nell'orto dei fuggiaschi
Pompei – Calchi nell’orto dei fuggiaschi, foto by pompeionline.net

Grazie alla notevole quantità di reperti di vario genere, oggi conservati in gran parte nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli ed in minor numero nell’Antiquarium di Pompei, gli studiosi sono stati in grado di ricostruire ogni aspetto della vita della città, dagli usi e costumi alle loro abitudini, all’alimentazione, alle diverse forme d’arte, alla religione, al rapporto con l’amore e la morte.

Tra i numerosi esempi pittorici rinvenuti nelle abitazioni e negli edifici pubblici, quello che per integrità, raffinatezza ed eleganza spicca fra tutti, è la celebre Villa dei Misteri. Si tratta di una villa suburbana posta fuori le mura, a poche centinaia di metri dalla necropoli di Porta Ercolano, in direzione del mare, da dove si godeva di una meravigliosa vista panoramica oggi in parte offuscata dalla città moderna.

Pompei - Panoramica esterna Villa dei Misteri
Pompei – Panoramica esterna Villa dei Misteri, foto by ElfQrin on WikiMedia Commons

Utilizzata inizialmente come villa d’otium, la cui realizzazione risale al II secolo a.C., era una sontuosa residenza della nobiltà romana, caratterizzata da un certo gusto per il lusso tipico delle residenze patrizie. La raffinatezza e la cultura dei proprietari si evincono dalle ampie sale affrescate e dai fecondi giardini circostanti, caratterizzati da pini marittimi, file di vigneti, arbusti di rosmarino e melograni, di cui l’enorme progetto di conservazione mira al recupero delle specie vegetali, dove possibile. 

Sfortunatamente il terremoto avvenuto nel 62 d.C. costrinse già i proprietari ad alloggiare altrove, portando con sé gli oggetti più preziosi ed i suppellettili, in vista dei programmati lavori di ristrutturazione ed adeguamento dello stabile. Difatti, molti cumuli rinvenuti agli angoli delle camere e nell’ala rustica non derivano dall’eruzione del 79 d.C., bensì dal materiale utilizzato dai mastri costruttori impegnati nel cambio d’uso dell’edificio, che adibirono alcune camere alla produzione e vendita del vino, come si evince dai torchi da spremitura rinvenuti.

Peristilio della Villa dei Misteri
Peristilio della Villa dei Misteri, foto by planetpompeii.com

Campagne di scavo

Il primissimo intervento risale al 1909-1910, anno in cui il proprietario del terreno, Aurelio Item, ottenne la licenza temporanea di scavo per poter operare nella sua proprietà. Fortunatamente, l’eccezionalità della scoperta, fece scattare l’esproprio dell’area in attesa di un intervento sistematico a cura di archeologi specializzati.

Bisognerà aspettare il 1929-1930 e la cospicua donazione da parte del Banco di Napoli per poter riavviare gli scavi, permettendo così all’archeologo Amedeo Maiuri di riportare alla luce quasi completamente la villa.

Tablinum della Villa dei Misteri
Tablinum della Villa dei Misteri, foto by planetpompeii.com

Ciclo dei Misteri

Superata l’area servile, con ambienti dedicati alle cucine ed alla panificazione, si oltrepassa il peristilio (porticato colonnato) per accedere alla zona signorile. Qui si scorgono i primi affreschi con paesaggi ambientati lungo le sponde del Nilo, il tablino (grande sala d’ingresso) con pareti dalle campiture nere e decori che richiamano l’arte egizia ed infine altri ambienti, come i cubicola (camere da letto) che mantengono decori in II stile (finte architetture prospettiche) ed in III stile (grandi campiture di colore con grandi e piccoli soggetti ornamentali).

I cicli precedenti culminano nel triclinio (sala da pranzo), dove la pittura pompeiana raggiunge uno dei suoi massimi livelli. Quello che appare è un altissimo esempio di megalografia, ovvero una rappresentazione i cui soggetti, 29 in questo caso, assumono dimensioni paragonabili al vero (le più alte misurano 1,55 m.). La pregevole raffigurazione che copre tre lati della sala, con un’altezza pari a 3 m. ed una lunghezza di quasi 20 m., dava ai commensali l’idea di poter dialogare e far parte integrante della narrazione.

Triclinium della Villa dei Misteri
Triclinium della Villa dei Misteri, foto by MatthiasKabel on WikiMedia Commons

La terminologia utilizzata per descrivere questa rappresentazione, che in maniera esemplificativa richiama l’intera residenza, di cui non abbiamo certezza sul nome dei primi legittimi proprietari, si rifà a precisi riti di iniziazione legati al culto dionisiaco, ritenuti dei “misteri” in quanto ignorati da chi non ne praticava la fede.

Le dieci scene, che ne descrivono i diversi passaggi, sono poste l’una di seguito all’altra, creando così un contiuum spazio-temporale, come in una moderna pellicola, dove il soggetto principale è portato a percorrere e superare le diverse prove prima di raggiungere il cambiamento a cui era destinato.

William Bouguereau - The Youth of Bacchus (1884)
William Bouguereau – The Youth of Bacchus (1884)

I riti dionisiaci presuppongono il passaggio da uno status pre-iniziatico ad uno post-iniziatico in cui il soggetto necessariamente cambia, si evolve, diventa una persona nuova, libera lo spirito dalle catene terrene per elevarsi ad una condizione più alta, toccando ed attraversando i propri istinti primordiali, in una frenesia mistica che tutto pervade.

Dioniso era il Dio del vino, dell’ebbrezza, della libertà, che per stretta associazione ha poco a che fare con il raziocinio e le regole del buon senso. Rappresenta l’istinto animalesco che alberga nell’animo umano, spesso tenuto segregato, represso, contrario ai dogmi imposti dalla società, che invece smorza lo spirito smanioso di ogni essere.

Questo furore, esternato durante i riti dionisiaci, era accompagnato dall’immancabile vino, dalla musica ritmica e travolgente, dai balli vorticosi e stancanti, al fine di annebbiare i sensi e culminare in azioni ritenute immorali, come la violenza ed il sesso orgiastico.

Komos (anfora con figure in atteggiamento orgiastico) - Staatliche_Antikensammlungen
Komos (anfora con figure in atteggiamento orgiastico) – Staatliche_Antikensammlungen, foto by Tyrrhenian Group on WikiMedia Commons

Nel caso della Villa dei Misteri chi compie il rito è una ragazza, probabilmente in vista delle sue nozze che, evidentemente, la portano a dover oltrepassare la linea immaginaria della fanciullezza per entrare nell’età adulta. Difatti, partendo da sinistra, la primissima figura è proprio la ragazza che, vestita da diversi strati di indumenti e con il capo coperto, si accinge ad entrare in un ambiente dove l’aspettano un bambino ed una donna (forse una sacerdotessa). Entrambi recano in mano un rotolo ed il fanciullo è intento a leggere quelle che presumibilmente identificano le formule iniziatiche per dare il via al rito.

I scena Misteri
I scena Misteri

La stessa ragazza, ora con le spalle scoperte, porta un ramoscello d’alloro ed un vassoio con delle offerte, mentre si dirige verso un altro ambiente. Qui vi sono tre donne, una versa dell’acqua e le altre due intente a sorreggere un tessuto sotto cui è conservato qualcosa di indecifrato, probabilmente un animale per il rito sacrificale.

II scena Misteri
II scena Misteri

Superate le donne, l’ambientazione cambia e ci si ritrova nel mondo primigenio, quello divino, mistico, in cui la natura umana scompare. È presente un vecchio Sileno (uomo con orecchie e coda di cavallo), la personificazione dell’animo selvaggio, mentre suona una lira accompagnato da due satiri (uomini con orecchie e gambe caprine): uno reca il flauto di Pan e l’altro è intento ad allattare una capretta.

III scena Misteri
III scena Misteri

All’estremità della scena, la ragazza cambia espressione, sembra spaventata, atterrita da ciò che l’aspetta e sembra voglia coprirsi con il mantello scuro che le svolazza alle spalle.

IV scena Misteri
IV scena Misteri

Alla sua destra, un altro vecchio Sileno seduto porge una coppa ad un giovane satiro che ne beve avidamente il contenuto; mentre, dietro di lui, un altro satiro sorregge una maschera inquietante, forse allo scopo di voler spaventare il compagno o di voler mostrare gli effetti della vecchiaia come forma di repulsione.

Troneggia al centro il dio Dioniso, disteso di traverso sulle ginocchia della sposa Arianna (purtroppo molto danneggiata) che cinge con le braccia all’indietro, mentre la stessa ricambia il gesto affettuoso ponendo una mano sul suo petto glabro.

La sensualità della coppia introduce l’aspetto lussurioso del rito, difatti la ragazza, seminuda ed in atteggiamento dimesso, si prostra verso la divinità e scopre la mystica vannus, ovvero la cesta dentro cui è posto il fallo rituale, simbolo di prosperità e forza generatrice della natura.

V scena Misteri
V scena Misteri

Al suo fianco, un demone femminile alato è pronto a sferrare una frustata alla ragazza, quasi a voler punire il suo istinto. Questa, stremata e sopraffatta dal susseguirsi dei gesti rituali, si accascia sul grembo di una donna più adulta, la quale la consola accarezzandole il capo con un gesto quasi materno.

VI scena Misteri
VI scena Misteri
VII scena Misteri
VII scena Misteri

Accanto, una coppia di fanciulle festeggia la fine del rito, una ballando e suonando i cembali (coppette di metallo) e l’altra porgendo il tirso (ramoscello rituale), simbolo del dio Dioniso e dell’avvenuta iniziazione.

Dopo aver superato questo tortuoso, complesso e doloroso rito, di cui non si hanno certezze sulle esatte azioni da compiere, la ragazza risulta cambiata, passata a nuova vita, quella adulta. Nell’ultima scena, infatti, il suo sguardo appare più fermo, risoluto, penetrante, fiero, persino più severo rispetto a quello iniziale.

È intenta a farsi acconciare i capelli come si confà ad una sposa, pronta ad affrontare questa nuova fase della sua vita, mentre un Amorino le porge uno specchio, simbolo di vanità ed introspezione.

VIII scena Misteri
VIII scena Misteri

Conclusioni

Il realismo delle figure, il perfetto uso del colore e della materia pittorica, l’originalità di una rappresentazione così elegante e passionale al tempo stesso, fanno di questo ciclo pittorico un unicum senza pari. La sua bellezza e l’ambiguità del suo significato, ha visto schiere di autorevoli studiosi provare a dare una spiegazione verosimile, sovrapponendo o ponendo a confronto le diverse interpretazioni. Si suppone persino che possa trattarsi di una copia romana giunta sino a noi da un originale ellenistico, oggi perduto.

Resta la certezza che tale rappresentazione sia il culmine dell’espressione artistica e culturale campane del I secolo a.C., non solo strettamente di Pompei. Restituitoci pressoché intatto dopo il terremoto del 62 d.C., dopo la distruttiva eruzione del 79 d.C. e dopo il susseguirsi delle grandi e piccole tragedie dei secoli successivi, fino a quelle contemporanee.

IX scena (confrofronte) Misteri
IX scena (confrofronte) Misteri

 

X (oppure I) scena (confrofronte) Misteri
X (oppure I) scena (confrofronte) Misteri