I ricami di pietra della Basilica di Santa Croce a Lecce

Dalle balconate ai portali d’ingresso, dalle facciate delle abitazioni a quelle dei monumenti, Lecce è la patria del barocco e con i suoi innumerevoli palazzi nobiliari e le meravigliose chiese ricche di intarsi, è considerata la “Firenze del Sud” per la magnificenza delle architetture qui presenti.

Ordine superiore della facciata di Santa Croce a Lecce
Ordine superiore della facciata della Basilica di Santa Croce, fonte https://mywowo.net/de/italien/lecce/heilig-kreuz-basilika/aussenbereich

Il culmine di tali bellezze è certamente la celebre Basilica di Santa Croce, completata alla fine del Seicento, con l’attiguo ex-convento dei Celestini, oggi sede della Prefettura e della Provincia.

Entrando nel centro storico leccese, accedendo da una delle tre porte d’ingresso tutt’ora esistenti, si attraversa il cuore della città e ci si immerge in un’atmosfera dai toni caldi della pietra locale, dove i raggi del Sole sottolineano le rotondità dei rilievi architettonici. Vanno così a crearsi dei giochi di luci ed ombre che impreziosiscono ancor di più lo scenario che appare attraverso le strade lastricate ed i vicoli tra le case.

Superata la centrale Piazza Sant’Oronzo, dove si possono ammirare altre bellezze di epoca differente, quali l’Anfiteatro romano, il Sedile cittadino e l’imponente colonna su cui poggia la statua del patrono della città (si dice che questa sia una delle due colonne che furono poste dai romani al termine della Via Appia, presso il porto di Brindisi), ci si immette su Via Templari per raggiungere la Basilica. Dopo aver percorso pochi metri sulle cosiddette “chianche” (il lastricato locale) delle stradine leccesi ed aver superato le botteghe dei sapienti maestri della cartapesta (altro fiore all’occhiello della città), si oltrepassa l’angolo di Palazzo Taurino (ex-sinagoga, oggi Museo Ebraico) e si resta estasiati dalla sorprendente visione della Basilica di Santa Croce.

Visione d'insieme della Basilica di Santa Croce
Visione d’insieme della Basilica di Santa Croce, fonte http://www.alchimiavacanze.it/luoghi/piccole-e-grandi-magie-nei-dintorni-di-lecce/

La sua apparizione, infatti, è celata dai palazzi nobiliari posti tutt’attorno, quasi a voler fare da scudo per proteggere questo gioiello dell’architettura barocca. La visione della facciata riempie gli occhi con i suoi innumerevoli e sfarzosi decori, che vanno dai bassorilievi con soggetti floreali e vegetali, agli altorilievi che riproducono della frutta, degli animaletti e dei puttini, fino alla statuaria di Santi e dei telamoni umani alternati a quelli animali, al cui centro culmina il rosone datato 1646.

Una primissima idea di costruzione la si deve a Gualtieri VI di Brienne, che già nel 1353 fece porre la prima pietra, per poi dover interrompere i lavori a causa della sua morte e successivamente ripresi in maniera monumentale ben due secoli dopo, nel 1549. Per realizzare quella che oggi è Piazzetta Ricciardi, con la Basilica e l’ex-convento dei Padri Celestini, dovettero utilizzare le proprietà (terreni e abitazioni) della popolazione ebraica che qui risiedeva prima della terribile cacciata ad opera di Carlo VIII, iniziata nel 1463 e terminata nel 1510.

Ex-convento dei Padri Celestini
Ex-convento dei Padri Celestini (meglio conosciuto come Palazzo dei Celestini), foto by Luca Bove

Alla ripresa dei lavori si alternarono tre architetti locali: Gabriele Ricciardi, che realizzò la parte inferiore fino alla lunga balconata e al completamento della cupola del 1590; a lui subentrò Francesco Antonio Zimbalo, che nel 1606 realizzò i tre portali nei quali già si intravede una manualità puramente barocca che ne caratterizzerà la parte superiore; infine, al completamento della parte decorativa, ci pensò lo scultore Cesare Penna, al quale si deve il secondo ordine della Basilica ed il meraviglioso rosone risalente al 1646, così come si può leggere in un’incisione posta lateralmente.

In aiuto al Penna intervenne Giuseppe Zimbalo, nipote di Francesco Antonio, il quale, con grande maestria, persino maggiore di quella del defunto nonno, decorò la parte superiore della facciata e ne terminò lo sviluppo verticale con il fastigio posto sulla sommità. Queste ultime due sezioni sono caratterizzate da quel senso dell’horror vacui tipico dell’architettura barocca, dove, l’ambizione per lo sfarzo e la ricchezza di elementi decorativi, non lasciano spazio a vuoti che ne rovinerebbero la godibilità d’insieme. Nel complesso la Basilica appare come un rettangolo disteso, sormontato da un triangolo di pari base con vertice fiammeggiante.

Facciata Basilica di Santa Croce
Facciata Basilica di Santa Croce, fonte http://myelection.info/guide/i/i-due-trappeti-galatina-lecce-italy.html

La parte inferiore, benché abbia meno superficie decorata, presenta sei colonne dal fusto liscio e capitelli zoomorfi, al cui centro incorniciano il pròtiro, composto da quattro colonne binate. Questo è sormontato dallo stemma di Filippo III di Spagna, affiancato da quello di Maria d’Enghien a sinistra e da quello di Gualtieri VI di Brienne a destra, mentre i due portali laterali presentano gli stemmi di Santa Croce e dell’Ordine dei Celestini, entrambi sormontati da due rosoni che, più piccoli e semplificati, ricordano le fattezze del grande rosone della parte superiore della facciata.

Visione d'insieme della Basilica di Santa Croce
Visione d’insieme della Basilica di Santa Croce, foto by Tango7174

Superato il lungo fregio di archetti ciechi e la trabeazione con soggetti vegetali e zoomorfi, vediamo i tredici (13) telamoni che sorreggono la balconata che suddivide i due ordini. L’alternarsi di figure umane e soggetti animali non è casuale, difatti ognuno ha un preciso significato e messaggio da trasmettere, come ad esempio: il soldato turco inginocchiato rappresenta la sconfitta dell’esercito musulmano da parte dei soldati cristiani nella battaglia di Lepanto dell’ottobre 1571; il pellicano simbolo di Cristo che per amore dei cristiani si sacrifica e si immola; la lupa romana, intesa come Madre Chiesa, che allatta Romolo e Remo, azione intesa come infusione del Verbo al popolo cristiano, ecc. Posti sulla balaustra, uno schieramento dei tredici putti trionfanti sorreggono, alternandosi, la corona reale (simbolo del potere temporale) e la tiara papale (simbolo del potere spirituale).

Dettaglio del rosone di Santa Croce
Dettaglio del rosone di Santa Croce, foto by Matthias Kabel

Lo stupore di questa ricca facciata barocca si concentra sullo straordinario rosone centrale, sottolineato da un continuo festone di alloro che ne ricopre il perimetro esterno, per poi addentrandosi, come una spirale, passando dal più grande formato da cherubini, al mediano con frutta, fino al più interno con un susseguirsi di melograni (simbolo di prosperità). Il tutto è delimitato da due colonne finemente decorate che, come in un quadro, incorniciano il rosone e lo dividono dal resto della facciata. Qui, ai due lati interni, si trovano le statue di San Benedetto e di San Pietro Celestino, mentre, dopo altre due colonne simili alle precedenti, alle estremità più lontane vediamo le personificazioni della Fede e della Fortezza, entrambi simboli della Chiesa Cattolica.

Superato il secondo fregio di angioletti festanti, si trova il “Trionfo della Croce”, ovvero un fastigio dalle fattezze di una fiamma che celebra, letteralmente, il potere redentore della Fede cristiana e del Cristo.

Interno Basilica di Santa Croce, navata centrale
Interno Basilica di Santa Croce, navata centrale, foto by Tango7174

L’ampio arco temporale nel quale si protrae la sua realizzazione, dal 1549 al 1695, è impresso nella sua facciata, dove il divario tra la parte inferiore cinquecentesca e la parte superiore seicentesca ben si distinguono all’occhio più attento. Al contrario, però, nella sua visione d’insieme i due stili si amalgamano perfettamente, sia nella sua totalità sia nel contesto in cui la Basilica è posta, insieme all’attiguo ex-convento dei Padri Celestini (nella cui realizzazione collaborò anche Giuseppe Zimbalo) ed ai diversi palazzi nobiliari qui attorno.