La “crudel fortuna” di Isabella Morra ed il suo Castello di Valsinni in Basilicata

La tragica vicenda di Isabella Morra, poetessa lucana del XVI secolo, rivive tra i vicoli del borgo di Valsinni, in provincia di Matera, tra le mura della sua dimora arroccata su uno sperone che domina sulla vallata.

Castello dei Morra a Valsinni, fonte by trameditalia
Castello dei Morra a Valsinni, fonte by trameditalia

Siamo nella Basilicata della metà del Cinquecento, periodo di forti contrasti sociali e delle tristi e sanguinose vicende legate alla guerra tra franchi e spagnoli. Questi ultimi, capeggiati dall’Imperatore Carlo V, seppur “straniero in terra straniera”, resero grande il Sud Italia. Precisamente ci troviamo a Favale, odierna Valsinni, nel borgo arroccato sulla riva del fiume Siri, oggi Sinni.

Nel Castello della nobile famiglia dei Morra, nasceva Isabella nell’anno 1520, figlia del filo-francese Giovanni Michele Morra. La terza di otto figli, la maggiore tra le sole due donne in famiglia, oltre alla madre Luisa Brancaccio ed alla sorella Porzia. Aveva 8 anni quando dovette separarsi dal padre e dal fratello secondogenito, Scipione, perché ritenuti traditori e costretti all’esilio in Francia dopo la vittoria degli spagnoli in Italia.

Probabile ritratto di Isabella Morra
Probabile ritratto di Isabella Morra
Probabile ritratto di Isabella Morra
Probabile ritratto di Isabella Morra

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’atmosfera nella rocca, senza un padre a tener d’occhio i malori e le gioie familiari, era divenuta insostenibile: la madre cadde in una profonda depressione e il maschilismo dei fratelli rozzi e incontrollabili ne faceva da padrone, tant’è che Isabella, colta e dai modi gentili, finì per isolarsi nelle sue camere. Iniziò a trascrivere i suoi pensieri su carta, immaginando di parlare direttamente col padre delle proprie sofferenze. Furono gli anni in cui iniziò quella che poi divenne, post-mortem, la sua raccolta di poesie intitolata Rime.

Il canonico Torquato, suo precettore, vedendo la sua passione e la bravura nell’arte della scrittura, al pari di un uomo colto della società del tempo, le propose di intraprendere un rapporto epistolare con un nobiluomo di origine spagnola (quindi della fazione opposta a quella della sua famiglia) di nome Diego Sandoval De Castro, che potesse distoglierla dai suoi tristi e solitari giorni.

Tale Diego aveva combattuto al fianco di Carlo V e dopo la vittoria dell’esercito spagnolo, gli era stato affidato il feudo di Bollita, oggi Nova Siri, a pochi chilometri dal borgo dove risiedeva Isabella. I due instaurarono un legame molto forte, di cui il precettore Torquato ne era il tramite, facendo la spola tra un borgo e l’altro permettendo loro di scambiarsi messaggi, anche spesso. Purtroppo non ci è dato sapere quanto questo legame fosse profondo tra loro, se solo di tipo platonico o persino amoroso, all’ombra del fatto che lo stesso Diego era già sposato per procura con la nobildonna Antonia Caracciolo, che probabilmente la stessa Isabella aveva avuto modo di conoscere.

Sala da pranzo del Castello di Isabella Morra, fonte leggoscrivo.com
Sala da pranzo del Castello di Isabella Morra, fonte leggoscrivo.com
Sala da pranzo con abiti del Castello di Isabella Morra
Sala da pranzo con abiti del Castello di Isabella Morra, fonte TripAdvisor

Quando i fratelli di Isabella cominciarono ad avere sospetti su di lei, furono costretti a controllarla e a spiare ogni suo movimento, fino a quando, capito il segreto, indignati che un membro della loro casata avesse rapporti con uno della fazione opposta, furono costretti a prendere la drammatica decisione di ucciderla. Isabella aveva 24 anni quando, vedendo piombare nella sua camera i fratelli furiosi come delle belve, pugnalarono prima il precettore davanti ai suoi occhi, con l’accusa di essere l’artefice maligno, e subito dopo la sorella stessa, per poi far sparire tutte quelle lettere che infangavano la reputazione dei Morra e la memoria del padre, ormai esule in Francia da 16 anni.

L’infamia “d’onore” caduta sulla famiglia dei Morra, costrinse i fratelli a continuare la loro sanguinosa vendetta, andando alla ricerca dell’uomo che aveva osato intraprendere legami sentimentali con una loro sorella, per poter salvare il buon nome della casata. Così Diego Sandoval De Castro fu costretto a scappare e a viaggiare scortato da soldati fidati, fino a quando, una notte, sul tragitto che da Taranto portava al borgo di Bollita, gli venne fatta un’imboscata e assassinato brutalmente.

Una delle sale del Castello di Isabella Morra
Una delle sale del Castello di Isabella Morra, fonte TripAdvisor

Sulla storia di Isabella in molti si sono espressi e nell’immaginario umano in tanti la vogliono ancora lì su quella rocca, a dedicare al padre parole sofferte e al suo amante Diego parole d’amore. L’unico testimone dei più profondi sentimenti di Isabella era il fiume Siri (oggi Sinni) che con il suo scrosciare, sembra rispondere alle pene di questa fanciulla morta troppo prematuramente. Anche lo stesso Benedetto Croce, quattro secoli dopo, prese a cuore questa tragica vicenda, tanto da approfondire le ricerche sulla vita di questi due amanti ed indurlo a dedicare la prima biografia alla ragazza.

La magia e la compassione di questa storia, hanno ispirato il “Parco Letterario di Isabella dei Morra”, inaugurato nel 1993, che ripercorre fisicamente i percorsi attorno al castello e nel borgo odierno di Valsinni, arredato dalle meravigliose e tristi poesie di questa scrittrice ante-litteram, che, per sua fortuna o sfortuna, oggi è ricordata in ogni dove.

Scultura di Isabella Morra nel Parco letterario
Scultura di Isabella Morra nel Parco letterario, foto by (Digital@bPolicoro)

Tale è la sua fama, che nel 2005 è stato persino girato un film che racconta proprio la sua tragica storia, intitolato Sexum Superando – Isabella Morra.

 

D’un alto monte onde si scorge il mare
miro sovente io, tua figlia Isabella,
s’alcun legno spalmato in quello appare,
che di te, padre, a me doni novella.4

Ma la mia adversa e dispietata stella
non vuol ch’alcun conforto possa entrare
nel tristo cor, ma, di pietà rubella,
la calda speme in pianto fa mutare.8

Ch’io non veggo nel mar remo né vela
(così deserto è lo infelice lito)
che l’onde fenda o che la gonfi il vento.11

Contra Fortuna alor spargo querela
ed ho in odio il denigrato sito,
come sola cagion del mio tormento.

 

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Parco di Valsinni – Pro Loco

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